IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 6113/92, r.a.c.c., promossa con atto di citazione notificato il 10 novembre 1992 cron. n. 22127 Unep di Udine da: Podrecca Luisa, Podrecca Michele, Podrecca Francesca ed Osgnach Teresa ved. Podrecca, rappresentati e difesi dai proc. avv. Cesare Pellegrini del foro di Trieste e Luciano Bellavitis del foro di Udine, quest'ultimo anche domiciliatario, come da mandato rilasciato a margine dell'atto di citazione, attori; Contro comune di S. Leonardo, nella persona del sindaco pro-tempore Renato Simaz, rappresentato e difeso dall'avv. e domic. Roberto Petiziol, per mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, convenuto; Avente ad oggetto: risarcimento danni da occupazione illegittima di terreni. F a t t o Con atto di citazione notificato come in epigrafe Podrecca Luisa, Podrecca Michele, Podrecca Francesca ed Osgnach Teresa ved. Podrecca esponevano di essere i primi tre proprietari per la quota indivisa di 1/3 ciascuno e la quarta usufruttuaria per 1/3 dei terreni siti nel comune di S. Leonardo e distinti al relativo catasto al foglio 17, mapp. 1 e 389, dell'estensione di mq 5.000 ciascuno per complessivi mq. 10.000, terreni che avevano formato oggetto del piano particellare di esproprio approvato dal comune di S. Leonardo e datato 26 giugno 1986 per la realizzazione degli impianti sportivi di base ai sensi della n. 71/1982 e che il sindaco, con ordinanza del 7 aprile 1988, aveva autorizzato ad occupare in via temporanea ed urgente fino alla data del 9 settembre 1989 ai sensi dell'art. 71 della legge 25 giugno 1985, n. 2359, come modificato dall'art. 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 e dall'art. 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Nel corso della causa promossa dagli attori avanti alla Corte d'appello di Trieste ai sensi dell'art. 19 della legge n. 865/1971 di opposizione contro la stima dell'indennita' definitiva di esproprio determinata dalla comissione provinciale di Udine di cui all'art. 16 della legge n. 865/1971 e succ. modd., veniva disposta una consulenza tecnica d'ufficio la quale accertava che, in seguito all'approvazione in data 8 settembre 1988 da parte della giunta municipale di una perizia suppletiva e di variante al progetto originario - I lotto, era stato modificato il tracciato della strada di penetrazione ed erano state inoltre realizzate sul tracciato originario delle strutture prefabbricate, il tutto con un'occupazione effettiva pari a complessivi mq 13.419 dei terreni di proprieta' degli attori e senza che fosse stato redatto alcun nuovo piano particellare di esproprio ne' aumentata la somma gia' destinata ad indennita' di esproprio, mantenuta ferma in L. 65.000.000 per una superficie "nominale" di mq 10.000. La c.t.u. accertava altresi' che una parte dei fabbricati e dei manufatti (ivi compresa la strada di penetrazione) realizzati dal comune ricadevano su terreni non compresi nel piano particellare di esproprio, il che aveva determinato i Podrecca, venuti a conoscenza solo in occasione del deposito dell'elaborato peritale dell'effettivo stato di fatto dei luoghi, a notificare al comune di S. Leonardo in data 5 agosto 1992 un atto di significazione e di diffida a restituire immediatamente i fondi occupati sine titulo previo ripristino dello status quo ante; il comune tuttavia, con lettera del 19 agosto 1992, pur ammettendo l'occupazione di un'area di estensione maggiore rispetto a quella da espropriare, aveva addotto la trasformazione irreversibile di detti terreni a causa della avvenuta costruzione di opere pubbliche. Tutto cio' premesso gli esponenti convenivano dunque in giudizio avanti al tribunale di Udine il comune di S. Leonardo affinche' venisse accertata e dichiarata l'avvenuta acquisizione della proprieta' da parte del comune stesso di questi ulteriori terreni occupati illegittimamente, stante la loro trasformazione ed irreversibile destinazione ad opere pubbliche, e venisse inoltre condannato l'ente territoriale al risarcimento dei danni, pari all'integrale controvalore di mercato delle aree su cui si era realizzata la c.d. accessione invertita della proprieta' in favore del comune, oltre che al risarcimento conseguente al mancato utilizzo e godimento dei fondi occupati sine titulo. Con comparsa del 18 gennaio 1992 si costituiva il comune di S. Leonardo aderendo alla domanda avversaria di acquisizione della proprieta' dei terreni erroneamente occupati al di fuori della formale procedura espropriativa in forza dell'istituto dell'occupazione appropriativa e chiedendo che, mediante c.t.u., venissero determinati sia l'esatta estensione dell'area occupata in eccedenza rispetto al piano particellare di esproprio, sia i danni effettivamente subiti dai Podrecca, ritenendo eccessive in proposito le richieste di risarcimento avanzate dalle controparti. Disposta la c.t.u. per accertare il valore di mercato dei terreni, la causa, istruita solo documentalmente, e ritenuta matura, veniva trattenuta in decisione all'udienza collegiale del 19 febbraio 1998 sulle conclusioni delle parti riportate al verbale d'udienza del 25 novembre 1996. In comparsa conclusionale, peraltro, il comune rilevava come nelle more fosse entrato in vigore l'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 il quale stabilisce che all'art. 5-bis del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359, come sostituito dall'art. 1, comma 65, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (gia' dichiarato incostituzionale al comma 6 con sentenza della Corte costituzionale 2 novembre 1996, n. 369) sia aggiunto il comma 7-bis del seguente tenore: "In caso di occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilita', intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, si applicano, per la liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell'indennita' di cui al comma 1, con esclusione della riduzione del 40%. In tal caso l'importo del risarcimento e' altresi aumentato del 10%. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai procedimenti in corso non definiti con sentenza passata in giudicato". Mentre da un lato il convenuto chiedeva pertanto che la causa venisse rimessa in istruttoria per un supplemento di c.t.u. volto a determinare il danno da risarcire in base ai nuovi criteri fissati dalla recente normativa sopravvenuta, gli attori ne eccepivano l'illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 42, commi secondo e terzo della Costituzione chiedendo che il tribunale disponesse la trasmissione egli atti alla Corte costituzionale. D i r i t t o Le eccezioni di illegittimita' costituzionale sollevate dalla difesa degli attori a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 662 del 1996 appaiono rilevanti, dal momento che la decisione della presente controversia non potrebbe che fondarsi sull'impugnato art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 per la determinazione dell'ammontare dei danni di cui si chiede il risarcimento a seguito della radicale trasformazione dei fondi e della loro irreversibile destinazione ad opera pubblica. Quanto alla non manifesta infondatezza, osserva il tribunale che la predetta norma e' l'ultima di una serie susseguitasi nel tempo per disciplinare l'istituto dell'accessione invertita e la sua emanazione si e' resa necessaria dopo che la Corte costituzionale con la sentenza del 2 novembre 1996, n. 369 aveva dichiarato incostituzionale 1'art. 5-bis, comma 6 del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359, come sostituito dall'art. 1, comma 65, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 che aveva equiparato i criteri di determinazione del risarcimento del danno da occupazione appropriativa a quelli stabiliti per il computo dell'indennizzo a seguito di espropriazione per pubblica utilita'. I giudici costituzionali avevano in quella sede affermato che, pur non trovando dignita' costituzionale il principio dell'integrale riparazione dell'illecito, tuttavia un'equiparazione tra espropriazione legittima ed occupazione appropriativa, sul piano delle indennita' spettanti, era consentita solo nella misura in cui fosse realizzato un equo contemperamento tra gli opposti interessi in gioco: conservazione dell'opera gia' realizzata da parte della pubblica amministrazione e reazione dell'ordinamento al comportamento illecito posto in essere dalla pubblica amministrazione in quanto lesivo del diritto di proprieta' del privato. La norma censurata, per contro, stabiliva un effettiva ed oggettiva equiparazione normativa tra l'indennizzo esprospriativo ed il risarcimento dei danni da accessione invertita e cio' determinava, in primo luogo, una palese ed ingiustificata violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, vista la radicale diversita' strutturale e funzionale delle obbligazioni cosi parificate. Ed invero, affermava testualmente la Corte costituzionale, "mentre la misura dell'indennizzo - obbligazione ex lege per atto legittimo - costituisce il punto di equilibrio tra interesse pubblico alla realizzazione dell'opera ed interesse del privato alla conservazione della proprieta', la misura del risarcimento - obbligazione ex delicto - deve realizzare il diverso equilibrio tra l'interesse pubblico al mantenimento dell'opera gia' realizzata pure illecitamente, e la reazione dell'ordinamento a tutela della legalita' violata per effetto della manipolazione irreversibile-distruzione illecita del bene privato. E quindi sotto il profilo della ragionevolezza intrinseca (ex art. 3 della Costituzione) poiche' nell'occupazione appropriativa l'interesse pubblico e' gia' essenzialmente soddisfatto dalla non restituibilita' del bene e dalla conservazione dell'opera pubblica, la parificazione del quantum risarcitorio alla misura dell'indennita' di esproprio si prospetta come un di piu' che sbilancia eccessivamente il contemperamento tra i contrapposti interessi, pubblico e privato, in eccessivo favore del primo. Con le ulteriori negative incidenze, ben poste in luce dalle varie autorita' rimettenti, che un tale "privilegio" a favore della pubblica amministrazione puo' comportare, anche sul piano del buon andamento e della legalita' dell'attivita' amministrativa e sul principio della responsabilita' dei pubblici dipendenti per i danni arrecati al privato". Sempre secondo la Corte costituzionale nella citata sentenza n. 369/1996, risultava contestualmente violato anche l'art. 42, comma 2, della Cost., per la perdita di garanzia che al diritto di proprieta' deriva da una cosi' affievolita risposta dell'ordinamento all'atto illecito compiuto in sua violazione. Con l'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 il legislatore ha cercato di porre rimedio alle censure mosse dal giudice delle leggi alla precedente normativa, stabilendo che al risarcimento dei danni per le occupazioni illegittime anteriori al 30 settembre 1996 si applicano le disposizioni previste per le espropriazioni legittime (criterio della semisomma) con esclusione della riduzione del 40% e con un aumento del 10%. Orbene, ritiene il Collegio che anche questa riorma riproduca gli stessi dubbi di legittimita' costituzionale gia' ritenuti fondati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 369/1996. L'unica sostanziale novita' introdotta con l'art. 3, comma 65, della legge n. 662/1996, rispetto a quanto previsto per le espropriazioni legittime, e' infatti l'aumento del 10%, dal momento che l'esclusione della decurtazione del 40% rispetto alla indennita' di esproprio non fa altro che parificare, di fatto, l'occupazione appropriativa alla cessione volontaria del bene da parte del privato, che e' l'opzione normalmente scelta da colui che subisce un esproprio legittimo, proprio per i vantaggi connessi al mancato abbattimento del 40% rispetto all'indennizzo espropriativo. La lieve differenziazione introdotta con la norma impugnata rispetto alla precedente disciplina suscita seri dubbi rispetto alla possibilita' di un equo contemperamento gia' negato dalla Corte in presenza di un risarcimento, in concreto, di poco diverso. Ne' sotto il profilo della gia' riconosciuta violazione dell'art. 42, comma 2, della Costituzione la novella legislativa pare superare le censure mosse dalla Corte alla precedente normativa. Appare peraltro irragionevole ed incomprensibile il discrimine temporale fissato nella norma impugnata tra le occupazioni appropriative anteriori al 30 settembre 1996 (per le quali valgono i criteri di liquidazione del danno introdotti appunto con l'art. 3, comma 65, della legge n. 662/1996) e quelle successive a tale data che sarebbero invece soggette al risarcimento integrale del danno. Cio' viene a determinare un'ulteriore ed ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti che hanno subito la trasformazione irreversibile del proprio bene prima o dopo quella data, data che non risulta ancorata ad alcun evento significativo ed apprezzabile, mediante un identico comportamento illegittimo da parte della p.a. Le considerazioni tutte fin qui svolte inducono pertanto il tribunale a sollevare, su eccezione della parte attrice, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis, comma 7-bis, della legge 8 agosto 1992, n. 359, come aggiunto dall'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per violazione degli artt. 3, comma primo, e 42, comma secondo, della Costituzione. Gli atti vanno dunque trasmessi alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio in corso.